Tu non sei i tuoi genitori by Maria Beatrice Alonzi

Tu non sei i tuoi genitori by Maria Beatrice Alonzi

autore:Maria Beatrice Alonzi [Alonzi, Maria Beatrice]
La lingua: ita
Format: epub
editore: SPERLING & KUPFER
pubblicato: 2023-09-19T12:00:00+00:00


Come può agire il genitore che ha compreso i suoi inneschi?

Iniziando con il prendere un gigantesco respiro, magari allontanandosi, se possibile (solo se facendolo il figlio non corre alcun pericolo, ovviamente): «Aspettami qui, per favore, so che sei in un momento difficile e anche io, dammi un attimo, torno subito». Sessanta secondi, anche solo trenta, anche solo stando in piedi, in un angolo verso il quale rivolgere lo sguardo, e respirando profondamente.

È lì per essere un genitore migliore di chi lo ha umiliato, ignorato, fatto vergognare e trasformato in una palla di rabbia.

Tornando indietro, una volta ripreso il controllo, dire: «Allora, come dicevo, so che ti senti molto arrabbiato con me, e va bene. Va bene che provi questo sentimento, questo è il sentimento della rabbia. Quello che voglio fare ora è aiutarti a risolvere la questione, so che possiamo risolverla insieme. Ora, aiutami a capire cosa preferisci: hai bisogno di un po’ di tempo per calmarti da solo? O hai bisogno che io sia con te?» E accettare la risposta.

Questa domanda, questa frase, si può dire anche a un bambino di 2 anni. Se vuole stare da solo, lo farà capire. Se vorrà immediatamente vicino il genitore, lo farà capire; allungando le braccia o chiedendogli di restare.

Mantenere la calma e non pensare di indirizzare subito il problema; in quei momenti è fondamentale abbassare il proprio livello di angoscia, prima di quello del figlio.

Con il controllo in mano e un figlio più regolato, ora, finalmente, il problema da risolvere è solo quello del piccolo essere umano, non più condiviso con il genitore. Ora sì che si può indagare, comprendere e correggere.

E quando un genitore capisce che non è lui ad avere un problema, ma suo figlio, ha il distacco necessario e la lucidità per intervenire come genitore.

4. Adesso lo ammazzo (Sentirsi, fisicamente, ferito dai figli)

Se un figlio colpisce, prende a calci, dà uno schiaffo, spinge, non importa che riesca a fare del male seriamente ma, se provoca un dolore di qualunque tipo, piccolo o grande che sia, è assolutamente naturale sentirsi a tutti gli effetti attaccati. E come si reagisce a un attacco? Scappando, difendendosi o attaccando a nostra volta.c Tutte reazioni assolutamente umane e comprensibili ma, nel nostro caso, ancora una volta, assolutamente controproducenti. In una qualunque altra situazione di pericolo il cervello ci predisporrebbe rapidamente per reagire. In questo caso, però, la risposta arriverebbe senza motivo, creando un danno. Perché?

Perché un figlio, in realtà, non sta propriamente attaccando. Vediamo come.

Dobbiamo ricordare che, anche quando sembra che un figlio stia cercando di provocare un dolore di proposito, sta invece reagendo con un comportamento che comunica un sentimento, un’emozione che non sa gestire e, sotto questa emozione, cela un bisogno che non è soddisfatto.

COMPORTAMENTO → ciò che si vede.

EMOZIONE → ciò che suscita il comportamento.

BISOGNO → ciò che suscita l’emozione.

I figli non sono il genitore, non hanno le sue stesse capacità, non sfidano, non vogliono fare del male,1 non hanno sviluppato tutte le capacità cognitive o la loro capacità di gestire le emozioni.



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